Sulla gravità dell’arte di scrivere.. di vino e non.

Pubblicato: 4 gennaio 2012 in Riflessioni sul Vino

Dopo aver personalmente curato un buon numero di recensioni attinenti il complesso quanto interessante mondo dell’enogastronomia, ritengo sia giunta l’ora, dal momento che avete avuto il tempo di conoscere il mio enopensiero, di spendere qualche parola in merito all’importanza dell’atto di scrivere.

Vi dirò che scrivere è ben oltre che raccontare, scrivere è fermare il tempo. Un po’ come accade per la fotografia o la pittura, infatti, lo scrivere permette di consegnare un momento, un atto o un fatto, all’infinito, o quanto meno ad una porzione di tempo tanto più infinita quanto ciò che è stato scritto è riuscito ad entrare nel cuore di chi lo ha letto.

Così, se questa nobile arte viene messa in opera con adeguata sapienza, la vita stessa assume un’altra forma, in quanto ogni cosa, che diversamente finirebbe la sua naturale corsa nel dimenticatoio, con la scrittura viene fissata in un dato luogo ed in un dato tempo, e nell’atto di essere scritta assume una forma permanente.

Prima ho accennato alla fotografia, e se ci pensate è proprio così che avviene anche per ciò che è raccontato. Delle righe ben realizzate, infatti, sono in grado di congelare un avvenimento in modo presso che identico all’originale, un originale pur sempre tratto dal punto di vista di chi scrive, ma non per ciò necessariamente diverso da quanto avrebbe potuto vedere chiunque altro.

Oggi posso affermare, (dopo aver scritto a lungo), che solo ciò che ho raccontato è ancora lì intatto. Diversamente, ogni cosa che ho lasciato in balia della memoria, beh, ritengo abbia assunto oramai un’altra forma, magari non meno affascinante, ma decisamente meno corrispondente all’originale vissuto.

In poche parole, rientrando nell’ambito che più intimamente ci appartiene, scrivere equivale a conservare un’annata di un gran vino, potendo però attingere da quella bottiglia in modo perpetuo, salvaguardando in tal modo il suo aroma per sempre, ed evitando il rischio che il fato o il tempo possano sottrarla al nostro o all’altrui giudizio. Ciò che è scritto esiste in eterno.

Ecco perché scrivere è una responsabilità macroscopica al cospetto del dire. 

Scrivere di vino e degli argomenti satellite che vi orbitano intorno, dunque, richiede un’assoluta cautela. Se oggi affermo che un vino è troppo acido, o che una pietanza mangiata in un dato ristorante è decisamente buona, involontariamente ho scolpito un dato, che nella mente di chi legge è vero.

Si noti bene, lungi da me l’asserire che le parole di chi scrive sono da prendere come vangeli. Ciò che cerco di dire, invece, è che il lettore che va alla ricerca di recensioni in ambito enogastronomico come negli altri, in realtà è posto in una posizione di svantaggio. Tale gap è rappresentato dall’effetto che potremmo definire “consenso-produttore”, che non è altro che la capacità di alcuni scrittori e opinionisti – in ogni ambito – di attirare (volontariamente o involontariamente) consensi verso le proprie tesi.

Faccio un esempio restando al vino:  Se un importante sommelier o un rinomato enogastronomo scrivono che un determinato vino di una specifica annata è peggiore di un’altra, il lettore (al di la del giudizio del proprio palato, per sua stessa natura libero) non sarà certo tentato dall’asserire il contrario. Dopo tutto il vero motivo che lo ha spinto a leggere quell’articolo è proprio la curiosità di sapere quale annata sia da preferire, ed ora che lo sa non sentirà certo il bisogno di scardinare quella teoria. Così è nella maggior parte dei casi. Quando ciò accade, ovvero spessissimo, il consenso-produttore avrà funzionato.

Chi scrive lo sa, o lo dovrebbe sapere.

A questo punto abbiamo due certezze: 1. Ciò che viene scritto rimane 2. Ciò che viene scritto è considerato “verità” dal lettore.

Scrivere diviene così un grande impegno con i lettori. Ma non solo con i lettori attuali, bensì con tutti i potenziali lettori, compresi quelli passati e quelli futuri. Tale impegno si sostanzia in un giuramento di dedizione ed approfondimento, di attenzione ed imparzialità, ma soprattutto di indipendenza.

Narrare la storia equivale a farla, ecco l’impegno dello scrittore: raccontare senza barare.

 

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